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IL DESIGN DEL LUSSO

Definire una progettazione come elitaria o destinata alla élite è creare un ossimoro. Il lusso e il fasto sono considerate delle abitudini viziose proprie di chi spende in modo eccessivo per esibire grandezza. Il lusso è l’opposto della sobrietà, ma anche della magnificenza che, invece, ha un valore positivo.

La progettazione è ontologicamente inibita al vizio e quindi il design non ha particolare interessi per questi atteggiamenti e quindi per il lusso qualora assuma questo significato.

I cultori delle nuove discipline che stanno fra il design ed il mercato, in conseguenze delle loro indagini economiche sui beni di lusso, sostengono che tali mercati non devono essere sottovalutati e che, al contrario, sono da sostenere specialmente in Italia. In verità essi specificano che non è di lusso vero e proprio che si parla, ma di oggetti progettati e realizzati con cura particolare. Insomma il cosiddetto made in Italy. Esso sarebbe lussuoso per la qualità che lo distingue dai prodotti dei nuovi barbari dell’industrializzazione di serie.

Noi, in Atelier, per esperienza, diciamo che il lusso è generato dal fatto che il prodotto è sotto l’insegna di un certo brand aziendale più che per la sua tipologia e che la vera qualità di quella gamma di prodotti è il progetto del brand, ossia la strategia messa in atto affinché esso sia argomento di desiderio più del prodotto stesso.

In alternativa, secondo le leggi tradizionali del mercato il lusso risiede nel possesso di beni rarissimi. In tal caso i pezzi sono numerati. Ecco, però uno dei tanti casi che contraddicono questo principio basico dell’economia e svelano l’importanza del brand. Un intero tir di giubbotti superfirmati è stato rubato e dopo qualche tempo, nella zona, tutti hanno lo stesso giubbotto. Il simbolo di status permane nella comunità nonostante l’eccesso di offerta e la banalizzazione del prodotto attraverso il basso costo e la quantità dell’offerta. 

Per la gente cos’è il lusso? Il lusso è una sorta di super design di oggetti che, per la loro manifattura, eleganza, costo e target sono portatori di uno status symbol elevato e considerato irraggiungibile. Questa tipologia di lusso alimenta i sogni di riqualificazione sociale e quindi è socialmente tollerato e, forse, perfino desiderato in quanto è visto come un’affermazione della comunità rispetto ad altre meno fortunate. 

Però la gente, mentre sogna il lusso, si chiede perché gli altri oggetti, quelli cui può accedere nei supermercati, non sono fatti così bene, perché non hanno i materiali così giusti, le finiture così curate. In altre parole perché vi sono i livelli differenziati di progettazione e perché questi livelli si rapportano al censo delle persone e non a ragioni più universali. 

Il mercato del consumismo ha il compito di occultare l’insofferenza della gente gli acquirenti con la macchina della pubblicità. Pertanto occorre chiedersi se lusso è ciò che si vede o ciò di cui si parla, si legge, si narra?

Ma il lusso, esiste?
Il lusso qualcuno lo ha visto, davvero? 

Il vero lusso probabilmente esiste, ma è nascostissimo, non è esibito e quindi nessuno lo vede, nessuno sa com’è veramente salvo i pochi che lo praticano direttamente. Quello che appare fuori è un’imitazione, anzi una narrazione o è un lusso in sedicesimo. Quando si parla di lusso, nel bene o nel male, specialmente in riferimento ad un prodotto, si fa della letteratura o si fa riferimento ad un alcunché che lusso non è se non per convenzione.

Il lusso, infatti non è la proprietà intrinseca di un oggetto (infatti l’alto costo è motivato dai materiali rari, dal progetto e dall’esecuzione, specialmente in arte) non ha senso pensare che si possa progettare un oggetto di lusso perché, in sé, è impossibile. Possibile è, invece che vi siano dei posti in cui si svolgono dei particolari riti, almeno così si legge. Riti che si possono immaginare e definire lussuosi. Tutti gli oggetti che entrano in quei riti sono automaticamente lussuosi e lo diventano solo in quel momento, non durante la progettazione.

Come può un condominio in città essere di lusso? Come può un condominio che galleggia in mare in forma di nave da crociera, essere di lusso? Siamo sicuri di usare la parola giusta? Esiste il lusso di massa?

Si può, a questo punto, affermare che è giunto il tempo di pensare meno al lusso, a questa entità che è più metafisica che reale e pensare di più a come andare oltre al prodotto omologato, ossia a quello fatto in serie per il grande numero di utenti. Occorre pensare di più al prodotto per quella precisa persona.

Questo, sì, sarebbe un lusso, per una società a mentalità tardo industriale, tardo moderna o, come dicono alcuni, addirittura già postmoderna. Forse è giunto il tempo di promuovere forme di industrializzazione più attuali (la serie, infatti, è solo uno dei modi possibili di produrre con metodologia industriale, non è l’unico e non è necessariamente il più redditizio) capaci di fare pezzi unici.

La domanda è questa: “il lusso non è, per caso, ciò che potrebbe, oggi o domani, fare la parte del diavolo nei confronti della produzione in serie? Ciò che si mette di traverso, che la interrompe? Ciò che deve essere preso di esempio per la sua unicità nei confronti della persona?”

Ricordo un piatto di ceramica, un piatto quotidiano, da minestra. Era decorato da Mirò. Il piatto portava, sul bordo, una sola pennellata nera, come se fosse stato afferrato con il pollice sporco.

Io sono di passione e mentalità surrealista e, pertanto, trovandomi di fronte ad un maestro di tale scuola cercai di capire l’opera. Come accade quando si osserva a lungo una forma rotonda. i cerchi concentrici del bordo ipnotizzano leggermente e, mentre il piatto sembra stare fermo, il bordo, invece, sembra girare e girare. Mi è venuto spontaneo fermare quel movimento concentrico e ho, così, senza volerlo, dato un senso a quella ditata. Il suo compito era di fermare il movimento circolare.

Uso questo racconto come strumento per dire che occorre intendere il lusso come quella ditata, una cosa elitaria che però si mette di traverso, che ferma un processo che gira su se stesso. Per restare in tema, quello di perpetuare la produzione in serie a tutti i costi.

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