Teresa Olivieri
Potrebbe essere l'occasione per dare un senso vero al processo di insegnamento/apprendimento ridisegnando il
modo di fare scuola non per nozioni ma per insegnare a capire i perché. Riprogettare gli spazi scolastici e
didefinire i concetti di vicinanza e lontananza. Per fare questo occorre voler bene al mestiere più bello del
mondo, alla scuola, agli alunni e studenti e anche agli insegnanti.
Piero Luigi Carcerano
Come metalogismo direi che la proposta può continuare il suo percorso.
E’ evidente che la sintesi del ragionamento deriva dalle Tue esperienze professionali pregresse, non a caso le
citi entrambe. Comunque vada, l’una non può escludere l’altra. Il percorso formativo è articolato e distribuito
nel tempo. Mi soffermerò solo sull’idea di master tanto in voga ai nostri giorni. Su questo punto penso che si
possa giocare una partita formativa il linea con il tuo pensiero. Durante il nostro percorso accademico e
professionale ci siamo sempre scontrati con la nostra voglia di scommettere sulle idee ma anche sulla loro
realizzazione. Un lavoro continuo creativo-tecnico sempre animato da discussioni, da passioni ma anche tanti mal
di pancia perché è sempre stato difficile misurarsi sull’obiettivo. Con piacere noto che il Leone non perde
l’entusiasmo e io mi aggrego
NEW BAUHAUS EU
In molti post di docenti ed operatori scolastici trovo, come riferimento costante, gli strumenti basici della
scuola ossia le discipline, i docenti, gli spazi didattici ecc… Inoltre ritrovo gli insegnamenti frontali e gli
studenti. Il tutto si accompagna con richieste al “Ministro”. Non trovo suggerimenti per una Teoria, una
Ideologia da porre come guida. Non si considera che il Ministro può essere un tecnico o un politico.
Nella
mia esperienza (che parte dal 68) come docente e come imprenditore ho sperimentato molte didattiche per studenti
e per lavoratori: di line, di staff di alta specializzazione. Fuori della scuola istituzionale, per avere
successo ho dovuto "rivoluzionare" l'uso dei docenti, delle materie, degli spazi, delle tecnologie dando
priorità agli obiettivi e non agli insegnamenti. Questa formula di apprendimento non richiede “corsi didattici
sequenziali”, ma “casi da risolvere”. Teorie come la mia sono riferibili al “Learning by doing”. Qualche volta
ho incontrato questa formula nella scuola statale, ma non era propedeutica ad un cambiamento radicale. Per
questo, oggi, amo proporre e sottoscrivere una forma di NEW BAUHAUS EU come metalogismo di un radicale
cambiamento di mentalità nell’insegnamento e nelle cose da insegnare.
NEW BAUHAUS EU
Teresa ci tiene informati sulle analisi della CISL e alle rivendicazioni
dei docenti. In questi documenti i docenti non fanno mai cenno a un sogno
di formazione alternativa, qualcosa che rigiri la scuola come un
calzino.
Sarò sintetico e, basandomi sulla mia esperienza, che ha dato risultati
positivi, dico: via le lezioni frontali - via le aule - via gli esami
finali ecc.. La scuola deve creare spazi per lavori collettivi per la
simulazione delle attività tecniche, professionali e artistiche della vita
futura. In questa simulazione l'allievo non va in aula dai docenti, ma i
docenti sono chiamati negli spazi di lavoro quando servono come esperti o
per impartire nozioni di base (anche molti contemporaneamente). Quindi
occorre elaborare formule didattiche nuovissime su teorie futuribili.
Nuove formule di learning by doing si possono mettere a fuoco.
Certo, i professorini giovani, i più adatti e, forse, i più disponibili
all'esperimento, non sono preparati - bisogna innanzitutto partire da loro
e allora è necessario che siano messi nei ruoli il più presto possibile
perchè la loro preparazione sarà costosa e non bisognerà perderli. In
questo sviluppo formativo il mondo imprenditoriale deve intervenire con
molti contributi pratici ed economici (Draghi?).
Teresa Olivieri
Luciano, che ti adoro lo sai. Condivido ogni parola
Ho letto il post Olivieri-Gavosto, quindi continuo con le mie considerazioni sulla scuola da rigirare come un calzino.
Nelle attività formative nel campo del design di prodotto ponevo all’allievo questa domanda: come pensiamo di partire? Posso comprimere le risposte in due tipi:
“mi metto subito a creare un nuovo prodotto”.
Questa risposta è di chi ha fatto la scuola tradizionale e “pensa” di avere acquisito gli strumenti per agire (sono i più numerosi).
“Aspetto il Brief per partire”
Questa risposta è di chi ha fatto un percorso formativo in connessione con il mondo del lavoro e con le relative metodologie (sono pochissimi).
Nessuno nega che le due esperienze, scolastica tradizionale e formazione imprenditoriale possono essere sequenziali. Però l’impresa o il grande atelier non hanno tempo di aspettare che si compia il percorso formativo e si chiedono perchè non sono stati coinvolti durante la formazione di base.
Farò altri esempi più pertinenti, ma il learning by doing è un contenitore da riempire -